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La condizione sospensiva nel testamento

Nella dottrina giuridica si dibatte sull'effetto della condizione sospensiva applicata all'istituzione d'erede, in particolare se tale condizione debba sospendere la delazione fino al suo avverarsi o se l'istituito possa accettare l'eredità immediatamente all'apertura della successione. La prevalente interpretazione dottrinale sostiene che non si verifichi una delazione immediata a favore dell'istituito sub condicione, il quale avrebbe, quindi, solo un'aspettativa di delazione, basandosi principalmente sull'articolo 480, comma 2, che regola la decorrenza della prescrizione del diritto di accettare l'eredità dal giorno in cui si verifica la condizione.

Tuttavia, un segmento della dottrina riconosce la possibilità di una delazione contemporanea all'apertura della successione, permettendo all'istituito di accettare l'eredità anche prima della realizzazione dell'evento condizionale. Questa visione si fonda sull'idea che l'intento del testatore, nell'imporre una condizione sospensiva, sia quello di sospendere unicamente gli "effetti" della delazione, ovvero l'acquisizione dell'eredità. Tale interpretazione è supportata dall'articolo 139 delle disposizioni attuative, che prevede la trasmissione dei diritti derivanti dalla disposizione testamentaria agli eredi dell'istituito, in caso di sua morte prima della realizzazione della condizione, senza che questi abbia accettato o rinunciato all'eredità, e dagli articoli 2660 e 2659, che consentono la trascrizione degli acquisti a causa di morte anche prima del verificarsi della condizione sospensiva.

La giurisprudenza tende a concordare con questa interpretazione, affermando che la condizione non sospende la delazione testamentaria e che l'istituito sotto condizione può accettare l'eredità durante lo stato di pendenza. Questa posizione è motivata da considerazioni di opportunità, come evidenziato dalla norma dell'articolo 480. Inoltre, la Suprema Corte ha chiarito che, in presenza di più designati a succedere in ordine successivo, si verifica una delazione simultanea a favore di tutti i chiamati, consentendo ai chiamati in subordine di accettare l'eredità, in pendenza del termine di accettazione per i primi chiamati, con un'accettazione espressa o tacita, la cui efficacia è subordinata alla rinuncia o prescrizione dei diritti dei primi chiamati.

La delazione condizionata, quindi, si trasmette agli eredi del chiamato, i quali possono disporre dell'eredità in pendenza della condizione. In casi dove il mancato avveramento della condizione non è imputabile all'istituito, la condizione è considerata come avverata, applicando l'articolo 1359. Il chiamato in subordine ha interesse a far accertare l'illegittimità dell'accettazione del chiamato sub condicione.

In caso di concorso tra successioni testamentaria e legittima, e venuta meno la condizione della successione testamentaria, per determinare chi sia l'erede si deve considerare il momento della morte del de cuius e non quello in cui la condizione è venuta meno. Infine, nell'istituzione di erede sottoposta a condizione sospensiva, può emergere la figura dell'erede apparente, quando i requisiti di apparenza e buona fede si applicano anche al verificarsi della condizione, ritenuta verificata erroneamente.
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