Concetto di Termine nelle Disposizioni Testamentarie
Il concetto di "termine" si riferisce a un evento futuro e certo che determina l'inizio o la fine dell'efficacia di una disposizione testamentaria. La caratteristica distintiva del termine è la certezza del suo verificarsi, che lo differenzia dalla condizione, indipendentemente dalle formulazioni utilizzate dal testatore.
È fondamentale distinguere il termine che regola l'efficacia della disposizione da quello stabilito per l'adempimento del legato da parte dell'erede. Quest'ultimo è soggetto alle normative applicabili ai termini nell'adempimento delle obbligazioni, senza pregiudicare l'analisi dell'intenzione del de cuius.
La normativa vigente vieta al testatore di stabilire uno o più termini per l'istituzione di un erede, precludendo la possibilità di organizzare la successione del proprio patrimonio attraverso istituzioni successive, anche dopo la trasmissione al primo erede. Questo divieto mira a proteggere la libertà testamentaria del de cuius, impedendo una successione temporanea della qualità ereditaria e, di conseguenza, l'inammissibilità di una concorrenza tra delazione legittima e delazione testamentaria.
Tale restrizione, introdotta già nel codice del 1865, è stata criticata come anacronistica e illogica, in particolare per quanto riguarda l'istituzione di erede con termine finale. Questa critica sottolinea come, in contrasto con la volontà del testatore, l'istituito per un breve periodo possa essere considerato su un piano di parità con chi lo succede definitivamente, o addirittura come unico erede, a discapito dell'erede legittimo non esplicitamente nominato nel testamento ma implicitamente inteso dal testatore come erede finale.
Il fondamento del divieto risiede principalmente nel principio romano della perpetuità della qualità ereditaria, "semel heres semper heres", e nel divieto della sostituzione fedecommissaria, riflettendo l'avversione legislativa per le successioni ereditarie successive. Questa posizione è coerente con il principio generale di preservazione della manifestazione di ultima volontà, espressa nel favor testamenti, che ha portato il legislatore a introdurre una sorta di conversione legale delle disposizioni, pur assegnando loro un effetto conforme all'intento del de cuius. Secondo un'interpretazione alternativa, l'articolo 637 dovrebbe essere letto in coordinamento con l'articolo 626, privilegiando il principio del favor voluntatis testatoris.