Compatibilità del Patto di Famiglia con la Normativa sull'Impresa Familiare e le Tipologie Societarie
In conformità all'articolo 768 bis del codice civile, la stipulazione del contratto istitutivo del patto di famiglia deve essere realizzata nel rispetto delle norme riguardanti l'impresa familiare e le varie forme societarie esistenti. La normativa ex art. 230 bis c.c. viene privilegiata dal legislatore per tutelare i membri del nucleo familiare attivi nell'impresa.
Il punto centrale di questa interazione normativa riguarda principalmente il diritto di prelazione delineato nell'art. 230 bis, comma 5 c.c., che concede ai familiari impiegati stabilmente nell'impresa un diritto di prelazione sull'azienda in caso di divisione ereditaria o cessione dell'impresa.
La dottrina prevalente interpreta questo diritto di prelazione come applicabile nelle alienazioni onerose inter vivos dell'azienda, ma non nel contesto del patto di famiglia, caratterizzato da una cessione a titolo gratuito. Di conseguenza, l'alienazione dell'azienda risultante dal patto di famiglia non è soggetta a questo diritto di prelazione.
Un ulteriore aspetto di compatibilità del patto di famiglia con le norme sull'impresa familiare concerne le decisioni inerenti l'utilizzo degli utili, la gestione straordinaria e la cessazione dell'attività, come previsto dall'art. 230 bis, comma 1 c.c. Tali decisioni hanno una portata interna e non influenzano la validità delle azioni dell'imprenditore verso i terzi. L'impresa familiare è vista come un'entità individuale, dove l'imprenditore è l'unico titolare dei rapporti esterni.
Non si riconosce pertanto effetto giuridico alle deliberazioni dei familiari contrarie alla stipula del patto di famiglia. Tuttavia, l'imprenditore disponente potrebbe essere ritenuto responsabile per inadempimento degli obblighi derivanti dall'impresa familiare.
Secondo l'art. 230 bis, comma 4 c.c., i familiari lavoratori hanno diritto alla liquidazione della propria partecipazione in caso di cessazione dell'attività lavorativa o alienazione dell'azienda. In caso di trasferimento aziendale tramite patto di famiglia, i familiari lavoratori legittimari possono combinare il diritto alla liquidazione ex art. 230 bis c.c. con quello previsto dagli articoli 768 quater e 768 sexies c.c.
Per quanto concerne il trasferimento di partecipazioni sociali, l'art. 768 bis, comma 1 c.c., richiede la compatibilità con le disposizioni relative alle diverse forme societarie. Nelle società di persone, la compatibilità è assicurata dalla partecipazione di tutti i soci all'atto di trasferimento, sia nelle società semplici (art. 2252 c.c.) che nelle società in nome collettivo (art. 2293 c.c.). Nelle società in accomandita semplice, si differenzia tra il trasferimento delle quote dei soci accomandatari, che richiede il consenso di tutti i soci (art. 2315 c.c.), e quello dei soci accomandanti, che necessita del consenso della maggioranza del capitale (art. 2322 c.c.).
Per le società di capitali, non esistono vincoli specifici per il trasferimento delle partecipazioni, a meno che non siano presenti clausole di gradimento, prelazione o divieti di alienazione.