La legittimazione attiva dell'azione di petizione ereditaria spetta all'erede.
La legittimazione a promuovere l'azione di petizione è conferita all'erede. Qualora un individuo designato come erede inizi questa azione, compie di fatto un atto che può essere interpretato come accettazione tacita dell'eredità, ai sensi dell'articolo 476 del codice civile. Di conseguenza, non è richiesto all'attore di dimostrare l'avvenuta accettazione dell'eredità per soddisfare il proprio onere probatorio. Tale diritto all'azione si estende anche al coerede, il quale può agire in difesa della propria quota ereditaria nei confronti di un altro coerede.
Per quanto riguarda il legittimario che non è stato considerato nella successione, affinché possa avvalersi della petizione di eredità, è necessario che abbia precedentemente intrapreso l'azione di riduzione. Questo è considerato un presupposto essenziale per ottenere il riconoscimento della qualità di erede in relazione alla quota di legittima. Si riconosce inoltre la possibilità di esercitare l'azione di petizione in via surrogatoria da parte del creditore dell'erede, o da chi ha acquisito l'eredità, qualora l'azione sia volta all'affermazione di un diritto che soddisfa i criteri di patrimonialità e la possibilità di essere esercitato indipendentemente dalla qualità di erede, come previsto dall'articolo 2900 del codice civile.
Non è tuttavia riconosciuta la legittimazione attiva per intraprendere l'azione di petizione all'acquirente dell'eredità. Quest'ultimo, in qualità di creditore del venditore per quanto concerne frutti percepiti, crediti riscossi e beni venduti, e come terzo nelle dispute tra erede e possessore di beni ereditari, ha la possibilità di proporre un'azione surrogatoria in caso di inazione del venditore nell'esercitare la petizione d'eredità.
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