Gli eredi legittimari - Avvocato Pedrazzoli

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 Eredi legittimari

I diritti del coniuge superstite - Il diritto di abitazione sulla casa coniugale e di uso dei mobili che la corredano
Una prima preoccupazione, quando ci si trova a dover affrontare la successione del coniuge, è quale sia il destino della casa “di famiglia”.
Il legislatore si è preoccupato del problema ed ha fornito una piena tutela al coniuge superstite.
Il nostro codice civile prevede, infatti, all’articolo 540 che ad esso sia riservato il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza della famiglia e di uso sui mobili che la corredano.
Affinché operi la norma di cui sopra devono pertanto ricorrere due requisiti fondamentali:
1.     la titolarità dell'immobile e dei mobili deve far capo al defunto ovvero essere comune con il coniuge superstite;
2.    la casa deve potersi considerare come quella di abituale coabitazione.
L' importante sottolineare che questi diritti operano non solo in sede di successione necessaria, ovvero di disamina dei diritti propri ed inderogabili del coniuge, ma anche in sede di successione legittima, ovvero in difetto in tutto o in parte di testamento.
Si tratta di diritti che la giurisprudenza ha qualificato come prelegati ex lege, ovvero diritti che vengono “prelevati” dall’eredità prima di procedere ad una eventuale divisione con gli altri coeredi (Cass. Civ., Sez. Unite, 27 febbraio 2017, n. 4847).
Questi diritti configurano sia un incremento di natura quantitativa e che, quindi, devono essere aggiunti alla porzione riservata al coniuge, sia di natura qualitativa garantendo allo stesso la possibilità di godere della casa e dell’arredamento in essa contenuto.
Essi gravano sulla porzione disponibile e quando questa non sia sufficiente sulla quota del coniuge e quando nemmeno questa sia bastevole sulla quota di riserva spettante agli altri legittimari (cfr. Cass. Civ., Sez. II, 19 aprile 2013, n. 9651; Cass. Civ., Sez. II, 13 novembre 2017, n.  26741).
I diritti del convivente
Il comma 42 dell'art. 1 della Legge 76/2016, prevede in favore del convivente, ancorché di fatto, un diritto temporaneo, variabile e risolubile a certe condizioni, di abitare nella casa di comune residenza nell'ipotesi in cui sia venuto meno l'altro partner.
La norma non è retroattiva e ciò significa che non è applicabile a casi che si sono verificati antecedentemente alla sua entrata in vigore (Cass. Civ., Sez. III, 27 aprile 2017, n. 10377).
Il legislatore ha stabilito che il convivente di fatto superstite abbia il diritto di continuare ad abitare nella stessa casa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni. Ove nella stessa coabitino figli minori o figli disabili del convivente superstite, il medesimo ha diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni.
Si tratta di una norma importante con particolari risvolti pratici stante la diffusione del fenomeno della convivenza.
La quota di riserva a favore del coniuge senza figli e senza ascendenti
In assenza di figli e di ascendenti al coniuge superstite è riservata la quota di metà dell’asse ereditario oltre ai diritti sopra menzionati.
-        ½ al coniuge;
-        ½ quota disponibile.
La quota di riserva a favore del coniuge con un solo figlio
Nel caso di presenza di un solo figlio al coniuge è riservato un terzo del patrimonio ed un terzo spetta al figlio.
-        1/3 al coniuge;
-        1/3 al figlio;
-        1/3 quota disponibile.
La quota di riserva a favore del coniuge con più figli
Nell’ipotesi di presenza di più figli al coniuge è riservata la quota di un quarto del patrimonio mentre la quota di metà è riservata ai figli da dividersi in parti uguali tra loro.
-        ¼ al coniuge;
-        ½ ai figli;
-        ¼ quota disponibile.
La quota di riserva a favore del coniuge senza figli ma in presenza di ascendenti (genitori del coniuge premorto)
In caso di assenza di figli ma in presenza di ascendenti al coniuge è riservata la metà dell’asse ereditario ed agli ascendenti la quota di un quarto.
-        ½ al coniuge;
-        ¼ agli ascendenti;
-        ¼ quota disponibile.
La quota di riserva a favore dell’unico figlio
Se chi muore lascia a sé superstite solamente un figlio e non il coniuge a questo è riservata la quota di metà dell’asse ereditario.
-        ½ al figlio;
-        ½ quota disponibile.
La quota di riserva a favore dei figli
Se chi muore lascia a sé superstiti più figli, e non il coniuge, a questi è riservata la quota di due terzi dell’eredità da dividersi in parti uguali tra loro.
-         2/3 ai figli;
-        1/3 quota disponibile.
La quota di riserva a favore degli ascendenti
Se chi muore non lascia né figli né coniuge a favore degli ascendenti è riservata la quota di un terzo dell’asse ereditario.
-        1/3 agli ascendenti;
-        2/3 quota disponibile.
Il principio di intangibilità della quota di riserva
Il nostro codice civile evidenzia in modo molto chiaro il principio secondo il quale la quota di riserva sia intangibile, ovvero non possa in alcun caso essere intaccata.
L’art. 457 c.c. al terzo comma dispone che “Le disposizioni testamentarie non possono pregiudicare i diritti che la legge riserva ai legittimari”.
Sulla stessa linea si pone anche l’articolo 549 c.c. in forza del quale viene stabilito che “Il testatore non può imporre pesi o condizioni sulla quota spettante ai legittimari”.
Brevi considerazioni sul calcolo dell’asse ereditario e sulla quota di riserva
Volendo fissare un punto fermo del nostro ragionamento si osserva che, sia che ci si trovi in presenza di una successione testamentaria, e quindi in presenza di un testamento, sia che ci si trovi nell'ambito di una successione legittima, e quindi in assenza in tutto o in parte di un testamento, si deve procedere al calcolo dell’asse ereditario come sopra formulato, e la quota che è riservata a determinati soggetti, come sopra individuata, deve sempre essere rispettata altrimenti si è presenza di una cosiddetta lesione della quota di riserva e va valutato con il proprio legale se agire in giudizio per ottenere ciò che spetta e quale azione proporre.

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